[...] La mattina, al risveglio, lui mi venne vicino e, sebbene ancora mezzo addormentata, intuii che mi voleva: le sue mani sui miei seni, la sua bocca sul collo erano segni inequivocabili del suo desiderio. Avevo ancora sonno ma qualche neurone che era già entrato in funzione, produsse l'idea che dopo quello che gli avevo fatto meritava almeno di essere accontentato. Fu un amplesso veloce e distratto, ma lui sembrò non farci troppo caso e subito dopo ci alzammo per andare al lavoro. Non ero ancora salita che arrivò un sms di Matteo: “Buongiorno piccola. Da ieri non faccio altro che pensare a te.” Il cuore mi balzò nel petto: mi piaceva da morire quando mi chiamava “piccola” e soprattutto sapere che ero al centro dei suoi pensieri mi dava una grande soddisfazione. Era fuori di dubbio che avesse trovato il modo giusto per fare breccia dentro di me, riusciva a compensare quel senso di vuoto che mi portavo dietro da anni, era così presente che non mi faceva mai sentire sola, insomma, aveva tutte le caratteristiche che avevo sempre cercato invano in Tommaso. Aveva solo un grande difetto: una moglie. Misi un freno ai miei pensieri in libertà: sì, era sposato, ma anch'io lo ero e quindi nessuna implicazione sentimentale era prevista tra di noi. Poteva pure uscire qualche frase carina, ma faceva parte del gioco, solo un modo per rendere meno squallido un rapporto clandestino. Peccato però, perché alla fine mi rendevo conto che né io né lui eravamo capaci del distacco che la situazione avrebbe imposto: io avevo voglia di sentirlo, di vederlo e lui anche; mi emozionava sempre di più quel gioco virtuale di parole e pensieri teneri e appassionati, mai volgari, che facevano crescere il desiderio di vedersi e stare insieme. Ma al di là delle mie divagazioni romantiche c'era la vita di ogni giorno che si imponeva e fu così che l'arrivo di Edoardo mi riportò alla realtà. La mattina scorse veloce. Ogni tanto rubavo di nascosto qualche minuto per inviare un sms e all'uscita mi accorsi che non avevo fatto altro che pensare a Matteo pur riuscendo a sbrigare tutto il lavoro che Edoardo mi aveva assegnato.
Ero felice come una ragazzina. Tommaso non si accorgeva di niente perché con lui ero affettuosa e anzi, durante il pranzo, mi disse anche che così rilassata ero molto più piacevole.
Che avessi trovato la ricetta per far funzionare il mio matrimonio? Volli illudermi che fosse così, mi sentivo in grado di tenere tutto sotto controllo anche perché Matteo mi piaceva sempre più ma non mi sentivo così coinvolta da non poterne fare a meno. O almeno così credevo. Era gratificante la sua attenzione, ma tutto rimaneva entro binari leciti: lui la sua storia e io la mia. Tanto ci sentivamo sicuri e spavaldi che cominciammo anche a ironizzare sui rapporti intimi che avevamo in casa. <<Stasera non mi va ma mia moglie è nervosa e devo darle il calmante.>>
<<Le fai l'effetto di un calmante? Non è proprio il massimo!>>
<<Sì, basta che non rompa, in dieci minuti mi sbrigo. E tu?>>
<<Da me la cosa è un po' più impegnativa, qui siamo più attivi.>>
<<Ma tu ne hai voglia?>>
<<Se proprio devo essere sincera no, però è comunque piacevole. O sbaglio?>>
<<Ah sì, certo. Variazioni sul tema.>>
E ci ridevamo su. Ma questo cameratismo su un argomento così delicato non durò a lungo.
Una sera ci stavamo scambiando sms, ma Tommaso mi venne vicino e cominciò a mettermi le mani dappertutto. Il suo sguardo era eloquente. Gli dissi che dovevo andare in bagno e inviai l'ultimo sms: “Mio marito mi reclama. Notte.>> e spensi il telefono.
Quando lo riaccesi la mattina dopo c'erano dentro ben cinque messaggi: “Allora buona serata.” “Perché non rispondi?”. “Non sopporto che lui ti tocchi. Sei mia”. “ Non dirmi mai più quando lui ti vuole, mi fa stare troppo male. Sono geloso”. “Sei già tra le sue braccia e io non riuscirò a dormire.” Rimasi perplessa. Stava giocando o faceva sul serio? Non era consentito che nessuno dei due fosse geloso del coniuge. La nostra storia era un piccolo mondo isolato da tutto il resto e non doveva interferire con le nostre vite.
“Gli accordi non erano questi. Comunque ok, se non vuoi sapere più niente eviterò qualsiasi cenno che riguarda la mia vita privata” fu la mia risposta. Lui di rimando: “Scusami ma non posso farci niente. E' quello che provo.”
Questa risposta mi lasciò ancora più perplessa: pensavo che fosse stata la reazione di un momento, ma la sua conferma mi spiazzò. Non aveva il diritto di essere geloso e non ero sua. Fui un po' infastidita dalle sue affermazioni: così correva il rischio, ed io con lui, di infrangere un equilibrio che avevamo appena trovato.
Lasciai passare un po' di tempo, non volevo dare troppa importanza alla cosa. Pensai che ognuno fosse responsabile del suo matrimonio: io mi sarei guardata bene dal compromettere il mio e lui che facesse quello che riteneva opportuno. Mi concentrai sul lavoro, non mi andava di complicarmi la vita e tanto meno di intavolare una discussione virtuale. Fu lui a farsi sentire in tarda mattinata.
<<Marta ho troppa voglia di vederti. Va bene per te domani pomeriggio?>>
Non so dove trovassi la forza di inventarmi continuamente impegni, rischiando anche di essere smascherata visto che non ponderavo niente e buttavo là scuse senza alcuna premeditazione. Ma Tommaso il pomeriggio era al lavoro e non riusciva a pensare a più di una cosa alla volta; avrei anche potuto non dire niente, forse sarebbe stato anche meglio, ma, come spesso succede, quando si fa qualcosa che non si dovrebbe fare, si ha bisogno di una giustificazione prima di tutto per mettere a tacere i nostri sensi di colpa.
Ci vedemmo al solito posto, parlammo un po', scendemmo per una passeggiata verso la rocca del paese, qualche bacio tenero tenero e poi la sua proposta:
<<Marta ho voglia di te, ma non mi va di farlo in macchina. Ti va se cerchiamo una camera per stare tranquilli?>>
Oddio! Questo non l'avevo calcolato. La camera a ore, lo sguardo curioso, un po' complice e accusatorio del gestore, un luogo anonimo ed estraneo: l'idea non mi sorrideva molto. Era vero però che anche la ricerca di un luogo appartato, col rischio comunque di essere sorpresi da qualcuno di passaggio, se da una parte era intrigante, dall'altra rendeva tutto più affrettato.
<<Mi imbarazza un po'. Ovviamente non l'ho mai fatto. Ho sempre pensato che fosse una cosa squallida.>> E dissi questo con lo sguardo abbassato.
<<Sei dolcissima quando sei timida e io non voglio fare niente che ti dia fastidio. Era solo per stare tranquilli, soli io e te, con tempo a disposizione, la libertà di essere nudi. Non ti ho mai vista completamente nuda.. Voglio sentire la tua pelle addosso. Però non fa niente. Come non detto.>> E mi sorrise. Non era arrabbiato per niente!!! Tanto fu lo stupore che rividi immediatamente la mia posizione:
<<Ok, andiamo. Anche a me va di farlo con tranquillità>> E sorrisi anch'io.
La zona che frequentavamo era affollata di agriturismo e c'era solo qualche piccolo hotel per turisti più frettolosi. Percorrendo lentamente strade di campagna scherzavamo sui nomi di possibili alcove per rimandare di qualche minuto l'impatto con una realtà che forse non piaceva del tutto nemmeno a lui.
<<”Cascata di stelle”. Marta, più romantico di questo non c'è. Molto meglio della “Tana del lupo” o del “Cinghiale bianco”. Andiamo dai, c'è anche la piscina.>>
<<Ok, ok. Ma tu scendi e chiedi. Io ti aspetto in macchina.>>
<<La solita timida. Va bene, aspetta qui.>>
Appena rimasta sola sentii una fastidiosa agitazione. Forse per la prima volta ebbi la coscienza piena che stavo facendo un torto inaccettabile a Tommaso. Avrei voluto tornare indietro, poter cambiare idea, tornare a casa, ma Matteo stava tornando e con la sua espressione trionfante mi fece capire che ormai era tardi, che era tutto sistemato.
Scesi dalla sua auto titubante e silenziosa, lo seguii su per le scale esterne di un casolare di campagna arredato con cura e molto discreto. Girò la chiave nella serratura e di colpo ci trovammo soli e isolati da tutto, senza l'ansia di essere sorpresi. Avevamo appena richiuso la porta e già eravamo stretti in un forte abbraccio. D'improvviso sembrava tutto facile: i suoi baci, il mio abbandono, le nostre risate. Era come vivere in un'altra dimensione. Con la bocca incollata sulla mia mi adagiò delicatamente sul letto e le sue mani cominciarono a cercare la cerniera del mio vestito, i gancetti del reggiseno, mentre io, con la stessa frenesia, lo liberavo della camicia e dei jeans. La sua pelle a contatto con la mia mi provocò un brivido di piacere che mi tolse la lucidità. I nostri corpi si cercavano, si modellavano l'uno sull'altro, si muovevano in una perfetta sincronia e scoprivano sensazioni nuove e violente. La sua mano guidava la mia e mi imponeva carezze audaci che non avevo mai osato, non di fronte a un uomo. Salivano i miei gemiti di piacere strozzati in gola dalla sua penetrazione lenta e decisa che mi fece sussultare dandomi la sensazione che fosse arrivato a toccarmi l'anima. Fu un turbine che non ricordavo di aver mai provato e mentre il nostro piacere saliva quasi in un grido mi uscì un “Ti amo” che sorprese me per prima.
<<Ti amo anch'io.>> fu la sua risposta appena sussurrata mentre si adagiava accanto a me. Per qualche minuto il silenzio ci avvolse. Non so cosa pensasse lui e non glielo chiesi. Io mi domandai se le parole che avevo pronunciato non fossero semplicemente funzionali al nostro gioco erotico. Ma non le avevo premeditate, mi erano uscite d'impulso e mi resi conto che le avevo pronunciate con tanta spontaneità. Forse il prodotto di uno slancio emotivo legato ad una situazione molto particolare per me? O un sentimento che si era finalmente manifestato in un momento in cui avevo allentato ogni freno? Inutile pensarci, avrei avuto modo di capirlo nei giorni successivi. Mi accoccolai tra le sue braccia e cominciai ad accarezzarlo mentre lui faceva già progetti per il nostro prossimo incontro.
Le sue dita leggere percorrevano le linee del mio corpo e la sua voce mi accarezzava. Una calma rilassante ci avvolgeva nella penombra mentre la nostra pelle cominciava a bruciare di nuovo e a reclamare baci sempre più indiscreti che si spingevano ad esplorare i nostri angoli più intimi. Ci trovammo di nuovo avvinghiati: lui dentro di me in un vortice di sensazioni che mi faceva sentire sempre più sua, senza riserve, desiderosa di avvolgerlo per sentirlo sempre più mio. Volevo il suo desiderio, il suo piacere, ma volevo anche la sua anima che sentivo vibrare insieme alla mia, nei nostri gemiti e nel respiro che si faceva sempre più affannato. Quando ci allungammo di nuovo tra le lenzuola, stanchi d'amore, gettai un furtivo sguardo all'orologio: le diciannove! Dio mio! Era tardissimo! Non sapevo come fare a dirglielo, a rompere quell'incantesimo che aveva annullato la mia percezione del tempo, ma a lui non sfuggì la mia preoccupazione:
<<Amore abbiamo fatto un po' tardi mi sa. Doccia e andiamo?>>
<<Sì.>> risposi piena di gratitudine.
Ora mi era tornata l'ansia. Tommaso sarebbe di sicuro rientrato prima di me e mi avrebbe fatto domande. Sarei stata in grado di sostenerle in modo credibile? E Matteo come faceva a essere così tranquillo? Non aveva anche lui la moglie a casa? In pochi minuti ero già pronta per uscire. Un'ultima occhiata al letto disfatto, alla camera impregnata del nostro profumo e poi via, a recuperare la mia auto per rientrare nella mia vera realtà. Stavo per scendere quando lui mi bloccò.
<<Marta rimaniamo a cena insieme.>>
<<Non è possibile. Non so che dirgli. E' già tardi.>>
<<Dai...una telefonata. Che ti costa?>>
<<No, Matteo. Magari un'altra volta. Ora devo rientrare.>>
<<Ok, come vuoi.>> ma gli si leggeva bene in viso la delusione. Non che non mi sarebbe piaciuto, ma ero ancora troppo legata ai miei schemi per commettere una follia in più. Matteo mi baciò delicatamente e:
<<Ciao amore. A presto.>>
Un sorriso e a malincuore salii sulla mia macchina. Lui partì dietro di me ma si soffermò ancora sulla rampa per un ultimo saluto: ormai era diventata la nostra dolce consuetudine ed era una delle cose a cui non avrei voluto rinunciare.
Sulla strada del ritorno la preoccupazione mi impedì di ripensare a quel magico pomeriggio. Mi concentrai nella guida per arrivare prima possibile e, fino a casa, non lessi nemmeno gli sms che mi erano arrivati. “Ti sento mia. Già mi manchi”. “Ti amo” lessi dopo aver parcheggiato e quelle parole resero ancora più difficile chiudermi alle spalle la porta di casa mia.
<<Le fai l'effetto di un calmante? Non è proprio il massimo!>>
<<Sì, basta che non rompa, in dieci minuti mi sbrigo. E tu?>>
<<Da me la cosa è un po' più impegnativa, qui siamo più attivi.>>
<<Ma tu ne hai voglia?>>
<<Se proprio devo essere sincera no, però è comunque piacevole. O sbaglio?>>
<<Ah sì, certo. Variazioni sul tema.>>
E ci ridevamo su. Ma questo cameratismo su un argomento così delicato non durò a lungo.
Una sera ci stavamo scambiando sms, ma Tommaso mi venne vicino e cominciò a mettermi le mani dappertutto. Il suo sguardo era eloquente. Gli dissi che dovevo andare in bagno e inviai l'ultimo sms: “Mio marito mi reclama. Notte.>> e spensi il telefono.
Quando lo riaccesi la mattina dopo c'erano dentro ben cinque messaggi: “Allora buona serata.” “Perché non rispondi?”. “Non sopporto che lui ti tocchi. Sei mia”. “ Non dirmi mai più quando lui ti vuole, mi fa stare troppo male. Sono geloso”. “Sei già tra le sue braccia e io non riuscirò a dormire.” Rimasi perplessa. Stava giocando o faceva sul serio? Non era consentito che nessuno dei due fosse geloso del coniuge. La nostra storia era un piccolo mondo isolato da tutto il resto e non doveva interferire con le nostre vite.
“Gli accordi non erano questi. Comunque ok, se non vuoi sapere più niente eviterò qualsiasi cenno che riguarda la mia vita privata” fu la mia risposta. Lui di rimando: “Scusami ma non posso farci niente. E' quello che provo.”
Questa risposta mi lasciò ancora più perplessa: pensavo che fosse stata la reazione di un momento, ma la sua conferma mi spiazzò. Non aveva il diritto di essere geloso e non ero sua. Fui un po' infastidita dalle sue affermazioni: così correva il rischio, ed io con lui, di infrangere un equilibrio che avevamo appena trovato.
Lasciai passare un po' di tempo, non volevo dare troppa importanza alla cosa. Pensai che ognuno fosse responsabile del suo matrimonio: io mi sarei guardata bene dal compromettere il mio e lui che facesse quello che riteneva opportuno. Mi concentrai sul lavoro, non mi andava di complicarmi la vita e tanto meno di intavolare una discussione virtuale. Fu lui a farsi sentire in tarda mattinata.
<<Marta ho troppa voglia di vederti. Va bene per te domani pomeriggio?>>
Non so dove trovassi la forza di inventarmi continuamente impegni, rischiando anche di essere smascherata visto che non ponderavo niente e buttavo là scuse senza alcuna premeditazione. Ma Tommaso il pomeriggio era al lavoro e non riusciva a pensare a più di una cosa alla volta; avrei anche potuto non dire niente, forse sarebbe stato anche meglio, ma, come spesso succede, quando si fa qualcosa che non si dovrebbe fare, si ha bisogno di una giustificazione prima di tutto per mettere a tacere i nostri sensi di colpa.
Ci vedemmo al solito posto, parlammo un po', scendemmo per una passeggiata verso la rocca del paese, qualche bacio tenero tenero e poi la sua proposta:
<<Marta ho voglia di te, ma non mi va di farlo in macchina. Ti va se cerchiamo una camera per stare tranquilli?>>
Oddio! Questo non l'avevo calcolato. La camera a ore, lo sguardo curioso, un po' complice e accusatorio del gestore, un luogo anonimo ed estraneo: l'idea non mi sorrideva molto. Era vero però che anche la ricerca di un luogo appartato, col rischio comunque di essere sorpresi da qualcuno di passaggio, se da una parte era intrigante, dall'altra rendeva tutto più affrettato.
<<Mi imbarazza un po'. Ovviamente non l'ho mai fatto. Ho sempre pensato che fosse una cosa squallida.>> E dissi questo con lo sguardo abbassato.
<<Sei dolcissima quando sei timida e io non voglio fare niente che ti dia fastidio. Era solo per stare tranquilli, soli io e te, con tempo a disposizione, la libertà di essere nudi. Non ti ho mai vista completamente nuda.. Voglio sentire la tua pelle addosso. Però non fa niente. Come non detto.>> E mi sorrise. Non era arrabbiato per niente!!! Tanto fu lo stupore che rividi immediatamente la mia posizione:
<<Ok, andiamo. Anche a me va di farlo con tranquillità>> E sorrisi anch'io.
La zona che frequentavamo era affollata di agriturismo e c'era solo qualche piccolo hotel per turisti più frettolosi. Percorrendo lentamente strade di campagna scherzavamo sui nomi di possibili alcove per rimandare di qualche minuto l'impatto con una realtà che forse non piaceva del tutto nemmeno a lui.
<<”Cascata di stelle”. Marta, più romantico di questo non c'è. Molto meglio della “Tana del lupo” o del “Cinghiale bianco”. Andiamo dai, c'è anche la piscina.>>
<<Ok, ok. Ma tu scendi e chiedi. Io ti aspetto in macchina.>>
<<La solita timida. Va bene, aspetta qui.>>
Appena rimasta sola sentii una fastidiosa agitazione. Forse per la prima volta ebbi la coscienza piena che stavo facendo un torto inaccettabile a Tommaso. Avrei voluto tornare indietro, poter cambiare idea, tornare a casa, ma Matteo stava tornando e con la sua espressione trionfante mi fece capire che ormai era tardi, che era tutto sistemato.
Scesi dalla sua auto titubante e silenziosa, lo seguii su per le scale esterne di un casolare di campagna arredato con cura e molto discreto. Girò la chiave nella serratura e di colpo ci trovammo soli e isolati da tutto, senza l'ansia di essere sorpresi. Avevamo appena richiuso la porta e già eravamo stretti in un forte abbraccio. D'improvviso sembrava tutto facile: i suoi baci, il mio abbandono, le nostre risate. Era come vivere in un'altra dimensione. Con la bocca incollata sulla mia mi adagiò delicatamente sul letto e le sue mani cominciarono a cercare la cerniera del mio vestito, i gancetti del reggiseno, mentre io, con la stessa frenesia, lo liberavo della camicia e dei jeans. La sua pelle a contatto con la mia mi provocò un brivido di piacere che mi tolse la lucidità. I nostri corpi si cercavano, si modellavano l'uno sull'altro, si muovevano in una perfetta sincronia e scoprivano sensazioni nuove e violente. La sua mano guidava la mia e mi imponeva carezze audaci che non avevo mai osato, non di fronte a un uomo. Salivano i miei gemiti di piacere strozzati in gola dalla sua penetrazione lenta e decisa che mi fece sussultare dandomi la sensazione che fosse arrivato a toccarmi l'anima. Fu un turbine che non ricordavo di aver mai provato e mentre il nostro piacere saliva quasi in un grido mi uscì un “Ti amo” che sorprese me per prima.
<<Ti amo anch'io.>> fu la sua risposta appena sussurrata mentre si adagiava accanto a me. Per qualche minuto il silenzio ci avvolse. Non so cosa pensasse lui e non glielo chiesi. Io mi domandai se le parole che avevo pronunciato non fossero semplicemente funzionali al nostro gioco erotico. Ma non le avevo premeditate, mi erano uscite d'impulso e mi resi conto che le avevo pronunciate con tanta spontaneità. Forse il prodotto di uno slancio emotivo legato ad una situazione molto particolare per me? O un sentimento che si era finalmente manifestato in un momento in cui avevo allentato ogni freno? Inutile pensarci, avrei avuto modo di capirlo nei giorni successivi. Mi accoccolai tra le sue braccia e cominciai ad accarezzarlo mentre lui faceva già progetti per il nostro prossimo incontro.
Le sue dita leggere percorrevano le linee del mio corpo e la sua voce mi accarezzava. Una calma rilassante ci avvolgeva nella penombra mentre la nostra pelle cominciava a bruciare di nuovo e a reclamare baci sempre più indiscreti che si spingevano ad esplorare i nostri angoli più intimi. Ci trovammo di nuovo avvinghiati: lui dentro di me in un vortice di sensazioni che mi faceva sentire sempre più sua, senza riserve, desiderosa di avvolgerlo per sentirlo sempre più mio. Volevo il suo desiderio, il suo piacere, ma volevo anche la sua anima che sentivo vibrare insieme alla mia, nei nostri gemiti e nel respiro che si faceva sempre più affannato. Quando ci allungammo di nuovo tra le lenzuola, stanchi d'amore, gettai un furtivo sguardo all'orologio: le diciannove! Dio mio! Era tardissimo! Non sapevo come fare a dirglielo, a rompere quell'incantesimo che aveva annullato la mia percezione del tempo, ma a lui non sfuggì la mia preoccupazione:
<<Amore abbiamo fatto un po' tardi mi sa. Doccia e andiamo?>>
<<Sì.>> risposi piena di gratitudine.
Ora mi era tornata l'ansia. Tommaso sarebbe di sicuro rientrato prima di me e mi avrebbe fatto domande. Sarei stata in grado di sostenerle in modo credibile? E Matteo come faceva a essere così tranquillo? Non aveva anche lui la moglie a casa? In pochi minuti ero già pronta per uscire. Un'ultima occhiata al letto disfatto, alla camera impregnata del nostro profumo e poi via, a recuperare la mia auto per rientrare nella mia vera realtà. Stavo per scendere quando lui mi bloccò.
<<Marta rimaniamo a cena insieme.>>
<<Non è possibile. Non so che dirgli. E' già tardi.>>
<<Dai...una telefonata. Che ti costa?>>
<<No, Matteo. Magari un'altra volta. Ora devo rientrare.>>
<<Ok, come vuoi.>> ma gli si leggeva bene in viso la delusione. Non che non mi sarebbe piaciuto, ma ero ancora troppo legata ai miei schemi per commettere una follia in più. Matteo mi baciò delicatamente e:
<<Ciao amore. A presto.>>
Un sorriso e a malincuore salii sulla mia macchina. Lui partì dietro di me ma si soffermò ancora sulla rampa per un ultimo saluto: ormai era diventata la nostra dolce consuetudine ed era una delle cose a cui non avrei voluto rinunciare.
Sulla strada del ritorno la preoccupazione mi impedì di ripensare a quel magico pomeriggio. Mi concentrai nella guida per arrivare prima possibile e, fino a casa, non lessi nemmeno gli sms che mi erano arrivati. “Ti sento mia. Già mi manchi”. “Ti amo” lessi dopo aver parcheggiato e quelle parole resero ancora più difficile chiudermi alle spalle la porta di casa mia.
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