La settimana passò in fretta e finalmente arrivò di nuovo venerdì avevo informato Tommaso il giorno prima, volevo evitare che lui tentasse di persuadermi a rinunciare e sapevo che l'avrebbe fatto, magari ci sarebbe pure riuscito. Arrivai a casa alle sette: giusto il tempo di prepararmi in fretta , ma ormai ero diventata abbastanza veloce nei preparativi, col tempo avevo imparato a prendermi cura di me con consuetudine e questo facilitava le cose. L'unica indecisione era sull'abito: gonna o pantaloni? Un po' provocante o sobria? Non avevo idea di cosa mi aspettasse e non volevo rischiare di apparire eccessiva, né in un senso né nell'altro. Bel problema! Decisi di affidarmi al caso. Chiusi gli occhi, aprii l'anta dell'armadio che conteneva gli abiti, feci una giravolta e allungai la mano: quello che avrei toccato l'avrei indossato. Bianco, corpetto aderente e gonna asimmetrica: un po' lungo e un po' corto, un po' attillato e un po' ampio. Quale migliore compromesso? Me lo infilai velocemente, dopo il vestito i sandali, ultimo tocco ai capelli, rossetto e voilà! Ero già pronta, in perfetto orario. Scesi di sotto e trovai mio marito che era appena rientrato.
<<Non ti pare di dare un po' nell'occhio vestita così?>>
<<Sinceramente no. Niente è in mostra.>> ed ero un po' scocciata.
<<No, niente è in mostra. Il gioco del “vedo non vedo” in cui voi donne siete bravissime e che manda fuori di testa gli uomini: niente è in mostra ma tutto si lascia intuire. Hai voglia di farti corteggiare?>>
<<Tommaso mi pare tu stia esagerando. E' una scenata di gelosia? Non ce n'è motivo, lo sai.>>
<<Sì, lo so, forse. Comunque contenta tu. A me non fa piacere saperti sotto gli sguardi di qualche marpione.>>
<<Ah no? E invece tra le mani di uno sconosciuto o quelle della sua compagna? Quello ti piaceva. Guarda, lascia perdere che è meglio.>>. Dopo quella sera avevo sempre accuratamente evitato l'argomento, ma stavolta mi aveva proprio costretta a reagire, era ancora tanta la rabbia che avevo dentro.
<<Mi pare sia piaciuto anche a te, e comunque è una cosa diversa.>>
<<Chiudiamola qui. Non hai ancora capito niente di me. Ciao, Giulia è già arrivata.>>
Lo piantai lì con un muso lungo fino a terra ed ero irritata anch'io: era diventato pure geloso, ma solo quando gli faceva comodo. Mentre salivo in macchina pensai che forse lo preferivo prima, quando mi vedeva trasparente come l'aria, ma almeno non dovevo giustificarmi se uscivo da sola una sera, forse perché non uscivo mai.
Giulia notò subito il mio malumore e, siccome non era difficile intuire quale fosse il motivo, evitò di fare domande e, con il suo modo scanzonato, si limitò a dire:
<<Andiamo a vivere Marta! Questa è la nostra sera! Per tutto il resto c'è Mastercard!>>
Aveva la battuta sempre pronta, beata lei, dovevo imparare anch'io a essere meno polemica e fregarmene di stare sempre a dare spiegazioni perché mi sentivo ferita. Era di certo questa la miglior cura per sviluppare un sano ottimismo.
La villa con piscina non era molto distante e appena arrivate ci rendemmo conto che si trattava di una cosa in grande: un sacco di macchine nel parcheggio antistante, e che macchine! Cominciò a serpeggiarmi dentro una sensazione che somigliava al panico, tra l'altro io non conoscevo nessuno, o forse in mezzo a tutta quella gente qualche faccia nota l'avrei intravista. I padroni di casa erano conoscenti di Giulia, gente socievole che amava la mondanità e che quindi aveva conoscenze un po' ovunque e ogni occasione era buona per organizzare eventi: compleanni, quando tornavano da qualche viaggio, successi nella professione e altro. Appena entrammo nel giardino che sembrava quasi un parco pubblico, cominciò il giro delle presentazioni. Era la cosa che più odiavo: strette di mano più o meno calorose, sorrisini a tutti tanto che dopo un po'0 mi sentivo la faccia anchilosata e dolorante. L'ingegner Lorenzi, l'architetto franchi, il dottor Natali, l'avvocato Menghi, il dottor Tal dei Tali ( nel giro di dieci minuti non mi sarei ricordata nemmeno un nome) e rispettive signore, fidanzate, amiche. Una marea di persone di uno status sociale manifestamente agiato con cui, ad essere sincera, non mi sentivo affatto a mio agio, anche se, da quando ero la segretaria del grande capo, di gente di livello ne avevo conosciuta e, a dire la verità, si trattava per lo più di persone cordiali e simpatiche anche se tutte di un pezzo. Ovviamente rimasi appiccicata a Giulia come una cozza allo scoglio, cercando di capire, per quanto mi fosse possibile, il segreto della sua sfacciata capacità di socializzare. Ma non c'era niente da fare, si trattava di personalità. La conoscevo da tantissimo tempo, ma questo era servito solo a farmi capire che eravamo profondamente diverse. Esauriti i convenevoli ci avvicinammo ai tavoli per l'aperitivo. Ero talmente tesa che non mi andava niente, ma mi si parò di fronte n tipo che mi offrì un prosecco e rifiutare mi sembrò scortese.
<<Ci hanno già presentato?>>
Decisi di essere sincera:
<<Può essere, ma me ne hanno presentati così tanti che non mi ricordo di nessuno. Scusami, mi chiamo Marta. Sono amica di Giulia.>>
<<Giulia, quella pazzerella. Beh, se Giulia è amica tua, visto che è anche amica mia, per la proprietà transitiva anche io e te possiamo essere amici.>>
lo guardai con una faccia un po' ebete, credo, perché si mise a ridere e mi disse:
<<Non ti è piaciuta l mia deduzione?>>
<<Sì, sì, scusa. E' che sono un po' distratta per seguire ragionamenti complicati.>>
<<Allora potresti dirmi qualcosa di te. Forse ti rimane più facile.>>
Stavolta la mia espressione invece che ebete fu allibita: ma chi cavolo si credeva di essere per trattarmi come una deficiente?
<<Guarda che non sei mica obbligato a tenermi compagnia. Figuriamoci. Nemmeno so come ti chiami.>>
<<Ah, vero. Mi chiamo Matteo. Vuoi sapere altro?>>
<<Veramente no, grazie, non sforzarti troppo. Ciao.>> e mi voltai per andarmene. Ma dove? Quella canaglia di Giulia, appena mi aveva visto parlare con qualcuno aveva pensato bene di defilarsi. Mannaggia. Non riuscivo più nemmeno a vederla. Ero irritata e stavo già pensando che da lì in poi sarebbe stato uno strazio. Mi limitavo a sorridere a destra e a manca senza nessun risultato: tutti ricambiavano ma poi ognuno si faceva i fatti suoi. Mi aggirai per un po' nel giardino, ogni tanto mi sedevo e poi mi rialzavo e camminavo: di Giulia nemmeno l'ombra. Fossi venuta con la mia macchina me ne sarei andata via. Ero proprio un pesce fuor d'acqua e mi sembrava che tutti mi guardassero con aria di compatimento. Cavolo, che imbarazzo! Non reggevo proprio più. Decisi di chiamare Tommaso per farmi venire a prendere, tanto nessuno si sarebbe accorto della mia assenza, ma poi ricordai la breve e fastidiosa discussione che avevamo avuto prima che uscissi e no, non volevo mostrarmi sconfitta e arresa. Pensai di chiamare la mia amica al cellulare, ma non volevo essere una palla al piede, chissà dove era finita, magari era meglio non disturbarla. Mentre pensavo a come togliermi da quell'impiccio, come per magia ricomparve Matteo. Alzai gli occhi al cielo in segno di disappunto, cercando di non farmi notare, ma lui si stava dirigendo proprio verso di me. Lo osservai: occhiali, capigliatura un po' ribelle, non troppo alto, corporatura media, un po' arrotondata e barba: non era quello che si dice un Adone, per lo meno secondo i miei gusti. Però aveva un bel sorriso e begli occhi e, al primo impatto, un caratterino arrogante e insopportabile. Di certo non smaniavo di passare la mia serata con lui, ma almeno mi avrebbe permesso di far trascorrere un po' di tempo.
<<Ciao miss simpatia. Ti va se facciamo due passi insieme?>>. Una seconda possibilità: proprio simpatico non era ma forse non lo ero stata nemmeno io. Magari era meglio di come mi era sembrato, aveva la faccia intelligente e anche un certo fascino intellettuale e io avevo estremamente bisogno di compagnia. Meglio adattarsi piuttosto che rimanere di nuovo sola.
<<Ma sì dai.>>
<<Che fai di bello Marta?>>
<<Lavoro nella stessa azienda di Giulia. Prima eravamo nello stesso ufficio, gomito a gomito, ma da qualche anno sono la segretaria del direttore.>>
<<Ti piace il tuo lavoro?>>
<<Sì, è interessante, devo occuparmi di un sacco di cose, anche perché il nostro capo è pieno di idee e quindi tra appuntamenti, riunioni, convegni ed eventi di vario genere non ho il tempo di annoiarmi. E tu che lavoro fai?>>
<<Io ho un'agenzia di pubblicità. Anche a me piace il mio lavoro. E' creativo. E....sei sposata?>>
<<Sì, da tempo immemorabile ormai.>> e sorrisi
<<Anch'io, non da tempo immemorabile ma mi sembra ugualmente una vita. Da quando mi sono sposato mi sono trasferito anche in un'altra città. Cento km, ma qui torno sempre volentieri, ho conservato tutte le amicizie di un tempo e non perdo occasione per rimanere nel giro, come vedi.>> e sorrise di nuovo. Di sorrisi non era certo avaro e questo rendeva la sua espressione sempre gradevole. Camminando arrivammo ad un muretto di pietra che delimitava un'aiuola. Ci sedemmo e continuammo a parlare. Pian piano mi ero sciolta, lui aveva una conversazione vivace e io avevo perso un po' della mia timidezza. Sì, quella proprietà transitiva poteva funzionare. Mentre lui parlava e parlava io ascoltavo e un po' ridevo, mi trovai a fissare lo sguardo sul suo viso: begli occhi vivaci. E così azzurri! E la bocca.... Decisamente attraente. Mi sorprese un pensiero improvviso: “perché non mi bacia'”. E subito dopo “Marta devi essere impazzita! Nemmeno ti piace!”. Posi di nuovo attenzione a quello che stava dicendo, anche se ormai avevo perso il filo del discorso, e:
<<Hai fame Marta? Vedo che gli altri è già da un po' che girano con i piatti in mano.>>
<<Sinceramente no. >> . Stavo così bene lì! Non avevo affatto voglia di tornare in mezzo agli altri. Come se mi avesse letto nel pensiero:
<<Ok. Nemmeno io ho fame. Meglio rimanere qui. Non mi piace tutta quella confusione.>>
<<Ma perché sei venuto? E perché da solo?>>. Qualche curiosità volevo togliermela.
<<Mia moglie è rimasta a casa col piccolo e poi non ama frequentare i miei amici, lei ha i suoi. E tu perché sei venuta da sola?>>
<<Mi ha invitato Giulia e sinceramente ho voglia ogni tanto di uscire senza di lui. Siamo sempre insieme, per lo più da soli visto che i miei figli ormai sono grandi e non ci sono quasi mai.>>
<<Posso farti una domanda indiscreta? Tanto ormai il ghiaccio si è rotto.>>
Oddio! Fui presa dal panico. Chissà cosa aveva in mente, era un tipetto tosto, c'era da aspettarsi di tutto. Però non mi sembrava sfacciato e poi avevo proprio voglia di rompere un po' quella scorza di riservatezza che mi rendeva sempre distante dalle persone e dalle situazioni.
<<Dai, dimmi. Ma non essere troppo indiscreto!>>
<<Ovviamente se non vuoi non rispondere. L'hai mai tradito?>>
Un profondo respiro. Dire o non dire? Non volevo dargli l'impressione di essere come non ero, volevo essere vera, spontanea. Non so da cosa nascesse questo desiderio, però era un impulso e mi andava di assecondarlo.
<<Sì Matteo, l'ho tradito. Qualche anno fa mi sono innamorata di un altro e avevo proprio perso la testa. Ho avuto una storia, breve ma molto intensa e l'avrei anche lasciato, ma poi la paura di sconvolgere la vita dei miei figli mi ha ridato lucidità e ho rinunciato all'amore, anche se ancora a volte mi chiedo se ho fatto bene oppure no. Poi ho scoperto che anche lui mi tradiva e allora sono stata con un altro, una sola volta, per dispetto, ma è stato così squallido! Poi, piena di pentimenti, sono tornata con lui, convinta di essermi presa un abbaglio e di amare solo lui. Per un po' è andata bene, ma ora... che dirti? C'è di nuovo qualcosa che non va.>>
<<Succede, dopo tanti anni si assommano troppe cose... delusioni...o forse semplicemente la noia e la voglia di novità.>>
<<Perché, anche tu...?>>
<<Ma sì, ho una storia da un po' di tempo. Lei è molto giovane, divertente. Ovviamente sono clandestino.>> e rise. Aveva un bel modo di prendere le cose, senza drammatizzare, con ironia, al contrario di me che mi tormentavo di domande senza trovare risposte o, per lo meno, risposte soddisfacenti.
<<E non ti senti in colpa?>>
<<No, sinceramente solo molto di rado sono sfiorato da sensi di colpa, ma li rimuovo subito. Voglio stare bene. Se per stare bene ho bisogno di questo lo faccio. Alla mia famiglia non faccio mancare niente, sono molto presente, quindi...>> Era proprio spavaldo nell'affrontare questo argomento, come se fosse la cosa più naturale del mondo tradire. Per me era stato drammatico, avevo rischiato anche l fine del mio matrimonio ed ero convinta che non ci sarei ricaduta tanto facilmente. Ero solo arrabbiata con Tommaso che era tornato a deludermi, ma non pensavo di tradirlo anche se nei miei sogni c'era ancora “l'amore che strappa i capelli”. Erano però solo sogni, forse un po' condizionati dalla nostalgia di ciò che avevo vissuto.
<<Ma dimmi, lo faresti di nuovo?>>
<<No, credo di no. Ho rischiato troppo e di avere qualche avventuretta non me ne importa niente. Certo, nella vita non si sa mai, ma quello di cui sono sicura ora è che voglio proteggere la mia famiglia, che per me è la cosa più importante. Del resto non sto male con mio marito, siamo abituati l'uno all'altro, tutto il resto è secondario.>>
<<Certo, hai ragione, anche per me la famiglia è al primo posto, soprattutto mio figlio, che è ancora piccolo. Però....rinunciare a priori no.... basta fare le cose fatte bene. Una percentuale di rischio ovviamente c'è, ma questo rende il tutto più emozionante e io sono prudente: in quasi due anni non si è mai accorta di niente.>>
<<Forse questa è una convinzione tua. Come si fa a non accorgersi? Io lo sentirei.>>
<<Ma sai, tra noi non c'è mai stata una grande passione. Ogni tanto qualche frecciatina me la tira, ma poi finisce lì. Facciamo vite indipendenti e di tempo insieme ne passiamo poco. Ho tutto lo spazio che voglio.
Da una parte questo suo cinismo mi faceva rabbrividire, ma dall'altra mi affascinava. Era sicuro di sé, ben deciso a prendersi quello che voleva e pareva non si facesse scrupolo di andare dritto per la sua strada. Mentre mi ero soffermata ad osservarlo guardandolo parlare, avevo avvertito una certa attrazione per lui e mi stavo chiedendo che origine avesse quel fascino che era riuscito a esercitare su di me. Ci fu un attimo di silenzio, tanto intenso da essere quasi imbarazzante, ma per fortuna la voce squillante di Giulia ci distolse.
<<Eccovi qua. Matteo, occhio, questa non è pane per i tuoi denti. Marta lo sai che lui è un bastardo di quelli doc?>>
<<L'ho intuito.>> e lo guardai sorridendo.
<<Lei invece è dolce, romantica e sognatrice, quindi aria! E' anche felicemente sposata.>>
<<Sì, lo so, ma io sono un bastardo buono. Hai intuito anche questo, Marta?>> disse rivolgendosi a me.
<<Comunque abbiamo fatto solo una bella chiacchierata e mi sono comportato da gentiluomo perciò sta tranquilla.>>
<<Sì, sì, lo che sei una personcina per bene. Anzi, perché non ci inviti a cena una di queste sere?>> la solita sfacciataggine di Giulia.
<<Perché no? Lasciatemi il vostro numero signore e sarete presto contattate.>>
<<Non ce l'hai il mio? E' vero che non ci vediamo da un po', ma cancellarmi addirittura dalla rubrica! Sei proprio imperdonabile!>>
<< Ma no Giulia, ho solo cambiato telefono perché quello che avevo me l'hanno rubato. Anzi, segnati anche tu il mio nuovo numero.>>
E così ci scambiammo i numeri ed era tutto avvenuto in modo così naturale che solo più tardi mi resi conto che non avevo nemmeno avuto il tempo di pensare se volevo dargli o no il mio numero. Ma mi trovai anche a riflettere sul fatto che avevo passato tutto il tempo con lui, che mi era volato, che non avevo nemmeno cenato e che...di certo non mi piaceva, non era il mio tipo, però... però mi aveva colpito, in qualche modo ammaliato. Era assurdo, ma era proprio così.
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