I messaggi erano proprio di Matteo. Riuscii a leggerli dopo che Tommaso fu uscito per prendere qualcosa per la cena. “Mi va di vederti ancora”, il primo e “Chiamo Giulia per la nostra cena a tre. A questo non ti puoi sottrarre. L'avevi promesso.” Mi venne da sorridere. Non si poteva certo dire che gli mancasse la determinazione. Certo che sarei uscita a cena con loro, non avevo dubbi che sarebbe stata una serata divertente e, in fondo, non mi dispiaceva rivederlo. Tra l'altro se c'era anche Giulia lui si sarebbe contenuto, quindi non avevo niente da temere. Nei giorni seguenti fioccarono messaggi e telefonate: negli sms mi confidava il suo interessamento per me, quanto mi pensava, il desiderio di rivedermi, al telefono si limitava a informarmi dell'organizzazione di questa cena che sembrava fosse diventata l'evento del secolo. Io mi divertivo ad assecondarlo, naturalmente senza espormi, stavo al gioco con distacco e mi serviva a distrarmi dal pensiero del mio matrimonio che mi sembrava arrancare con sempre maggiore affanno. Superficialmente, e senza nemmeno rendermene conto, mi stavo avviando a percorrere una strada lastricata di compromessi e aggiustamenti che, in quel momento, mi sembrava la sola percorribile per non annegare in un mare di noia. Tommaso, dopo la nostra “giornata d'amore”, sembrava più tranquillo e non si preoccupava più dei miei malumori: finché c'è sesso tutto funziona. Ma ragionava da uomo, cosa altro avrebbe dovuto fare? Gli sfuggivano le mille sfumature dei mie comportamenti che avrebbero potuto metterlo di fronte ad un'altra prospettiva: quella della mia insoddisfazione e del mio disagio. Io, del resto, avevo tacitamente deciso di evitare discussioni sterili e di dargli quello che gli era necessario per stare tranquillo e di cercare altrove quello che faceva stare bene me, non escludendo nemmeno una storia diversa, della serie: “non cerco niente ma se capita non mi tiro indietro.” Avevo sottovalutato il fatto, o forse lo avevo mentalmente sottaciuto, che quando c'è uno stato d'animo di disponibilità ed apertura, le occasioni capitano e non si sa mai quali potrebbero essere gli esiti.
La cena venne stabilita per il venerdì successivo, il giorno prima del rientro della famiglia di Matteo a casa. Per l'occasione decisi di giocare a provocarlo, un po' con l'abbigliamento e un po' con il modo di fare, ma la serata sembrò prendere una piega diversa da quello che avevo previsto. Mi ero immaginata il suo corteggiamento spudorato e io che,con la complicità di Giulia, mi divertivo a punzecchiarlo e a tenerlo sulle spine. Nei fatti invece la mia mica monopolizzò fin dall'inizio la situazione, scegliendo un ristorante chic ( e ovviamente costoso) e calamitandolo nella sua conversazione instancabile. Dopo mezz'ora non avevo pronunciato ancora nemmeno una frase di più di tre parole (e eravamo appena all'antipasto) e inoltre non mi sentivo più partecipe dei sottopiatti che erano sul tavolo sotto i nostri nasi. L'idea di passare almeno altre due ore così mi snervava. Mi alzai almeno tre volte per andare al bagno, ma né Matteo, né Giulia sembrarono farci caso. Mi stavo annoiando da morire. Ci fu un momento in cui lui mi rivolse uno sguardo e mi sfiorò una mano: un brivido mi corse lungo la schiena e mi fece arrossire. Ritrassi la mano, abbassai lo sguardo e continuai a mangiare mentre Giulia continuava i suoi racconti interminabili. Ringraziai il cielo quando finalmente il cameriere portò il conto. Non vedevo l'ora di tornare a casa. Di certo non avevo fatto una gran bella figura: totale mancanza di spigliatezza e partecipazione, un soprammobile sarebbe stato più all'altezza della situazione. Ero un po' arrabbiata con tutti e due, ma ormai era andata. Appena arrivati al parcheggio lui si propose per riaccompagnarmi a casa ma io decisi di tornare con Giulia e fui irremovibile nonostante la sua insistenza. Ci rimase male ma non mi lasciai commuovere dai suoi occhi imploranti. Un saluto un po' freddo, carico della mia irritazione e del suo disappunto, pose fine a quella strana serata.
Sulla strada del ritorno, Giulia, che non aveva ancora esaurito le batterie, continuò a chiacchierare raccontandomi come lo aveva conosciuto, quanto lo stimava, e bla, bla, bla, non la finiva più. Ogni tanto cercavo di sminuire la sua ammirazione, ma lei rincarava la dose:
<<Per me hai sbagliato a non farti riaccompagnare, era evidente che ci teneva.>>
<<Ma se in tutta la sera non si è accorto nemmeno che c'ero! Che senso aveva tornare con lui? E magari farmi beccare da Tommaso?>>
<<Beh, forse voleva parlarti da solo, stare un po' con te. Quanto fai la difficile!>>
<<Sì, magari provarci pure. Non mi fila se non mi può mettere le mani addosso però poi mi vuole da sola. Oh! Ma per chi mi avete preso? E poi non-mi-pia-ce! Chiaro?>>
<<Sì, sì, scusa. Devi fare come ti senti.>>
E lì sembrò finirla ma immediatamente cominciò un attacco mediatico senza precedenti. Arrivava un sms ogni due minuti: appena il tempo di leggere e mentre provavo a rispondere arrivava il segnale di quello successivo. “Perché non ti sei fatta accompagnare? Mi andava di stare con te.”. “Mi va anche adesso, proprio tanto”. “Torno indietro, fatti riportare al parcheggio”. E io: “No, non mi pare il caso. E' tardi”. E lui: “Più è tardi più è bello. Stai un po' con me, ti prego! Sono ancora vicino”. “Sono fermo ad una piazzola, aspetto che ci pensi”. “Anzi, non ci pensare affatto. Di' di sì e basta”. Ero esasperata e Giulia se la spassava proprio:
<<E dai! Ma non ti fa tenerezza? Rilassati un po', che sarà mai? Con quello che ha speso per la cena un po' di considerazione se la merita!!! Ti riaccompagno dai...>> e rideva come una matta.
<<Ti ho detto di no!!! - urlai – e ora lo dico chiaro anche a lui!>> ero diventata nevrastenica. “Falla finita! Ho detto di no! Buon viaggio!”. “Ok, come vuoi. Non insisto più. Domani ti chiamo.”
<<Domani ti chiamo??? Ma questo è proprio suonato! Come si fa a spiegarglielo?>>
Giulia era piegata in due. Con i lacrimoni agli occhi riuscì a stento a dire:
<<Marta non ti salvi più! Un po' lo conosco, prima di mollare si fa ammazzare! E' proprio quello che fa per te. Vedrai come vivacizza le tue giornate!>>
<<Giuro che non gli rispondo più! Comunque domani torna la moglie, vedrai come fa presto a calmarsi.>>
<<Amica mia, fossi in te non ci conterei – e ora era tornata seria – Siamo arrivate. Buonanotte.>>
<<Buona notte.>>
Scesi dalla macchina ancora col telefono in mano, ma non avevo ancora infilato le chiavi sulla porta che si illuminò il display: “Stasera eri bellissima. Mi manchi”. Entrai in casa e velocemente mi infilai a letto. Rispondere o non rispondere? E cosa dire? Ora che l'agitazione era passata, un senso di gratificazione, che mi strappò un sorriso, mi invase. Nel buio rivedevo il suo sorriso, smorzato da un'espressione di delusione quando ero salita nell'auto di Giulia. Un piccolo rimpianto per il mio rifiuto cominciò a serpeggiare dentro. Chissà cosa avrebbe voluto dirmi? Me lo avrebbe detto il giorno dopo o quell'occasione era ormai fuggita per sempre? Non avrei mai potuto saperlo. Mi rammaricai di essere stata troppo impulsiva ma ormai era andata. Stranamente era ancora nei miei pensieri mentre mi abbandonavo al sonno. Il piede di mio marito che involontariamente sfiorò la mia gamba mi riportò alla realtà. Un ultimo sguardo alla radiosveglia sul mio comodino: erano le tre. La mia risposta: “Aspetto di sentirti domani”. Chiusi il telefono e mi addormentai.
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