[...] Lo raggiunsi in treno in tarda mattinata e mi raccolse alla stazione in perfetto orario. Ero così felice che non gli chiesi nemmeno dove stavamo andando, solo che mentre viaggiavamo ad un certo punto intravidi le acque di un lago del centro Italia. Lo costeggiammo per pochi chilometri e poi si volse in direzione della collina. Ci fermammo di fronte ad un'antica residenza nel verde dal nome quanto meno suggestivo: “I capricci di Isabel”. La receptionist ci accolse con molta cortesia e ci fece accompagnare nella nostra camera. Era un sogno romantico. Le pareti erano di un rosa pallido con appese stampe di fiori, al centro troneggiava un letto a baldacchino su cui ricadevano drappeggi di tulle dello stesso colore delle pareti. Mobili in stile liberty completavano l'arredamento. C'era anche un caminetto che lo steward ci assicurò avrebbe acceso durante la cena. Sembrava di essere entrati in una dimensione nuova e diversa, fuori dal mondo.
Dopo aver sistemato i pochi bagagli andammo a fare una passeggiata lungo il lago che era uno specchio di luce sotto un tiepido sole di inizio primavera. Non c'era ancora molta gente in giro: qualche anziano seduto su una panchina, giovani mamme con bimbi piccoli, pochi passanti indaffarati. Io e Matteo eravamo felici, ci guardavamo di tanto in tanto, ci abbracciavamo senza dire niente, ci scambiavamo un bacio sul piccolo molo. Il fatto di non dover contare i minuti ci dava per la prima volta il senso di cosa volesse dire stare insieme. Rientrammo subito dopo pranzo e, chiusa la porta alle spalle, sprofondammo nel maestoso letto. Era come stare dentro una bomboniera, protetti da tutto quello che avevamo lasciato all'esterno e fare l'amore fu come scivolare l'uno dentro l'altra sentendosi liberi da ogni legame che non fosse quello che ci univa. Verso metà pomeriggio aveva prenotato la zona benessere e fu così che, muniti di accappatoio, ci chiudemmo in una grande stanza in pietra con al centro una vasca idromassaggio rotonda. Rimasti in costume, provammo la doccia emozionale. La cabina era abbastanza stretta da indurci a stare vicinissimi. Non appena i getti si azionarono, una luce azzurra ci avvolse. Ci toccavamo, delicatamente, e la pelle si colorava delle sfumature delle lampade sul soffitto. Gli occhi negli occhi e pelle sulla pelle. Eravamo come rapiti l'uno dall'altro mentre a stento cercavamo di distinguere il tocco delle nostre dita da quello dell'acqua. Le labbra bagnate si sfiorarono e quel contatto leggero fu sufficiente per accendere la nostra passione. Sciogliendo i nastrini sui fianchi Matteo mi liberò dal costume e io feci scendere il suo, lentamente, chinandomi per accompagnarlo fino ai piedi. Risalendo mi trovai a baciare la sua erezione, soffermandomi a lungo mentre lui mi spostava dal viso i capelli bagnati. Aspettavo il suo fremito di piacere: volevo sentirlo godere mentre alzando di tanto in tanto lo sguardo spiavo le espressioni del suo viso, ora verde, ora rosso, ora azzurro, ora viola. Dopo aver accolto il suo sapore, risalii baciandolo sulla pancia, sul petto, sul collo. Lo sentivo così mio che l'emozione di quel momento mi accompagnò a lungo, fin dentro la vasca, dove ci rilassammo per qualche minuto. Parlavamo sottovoce e ci accarezzavamo. Ero con la schiena appoggiata al suo petto, le sue mani giocavano con i miei capezzoli. Ricominciò presto il gioco: quando lo sentii di nuovo pronto mi chiese di girarmi e mi penetrò con forza, baciandomi sulla bocca, sul collo, sul seno. I nostri movimenti erano alleggeriti dall'acqua che massaggiava i nostri corpi. Ci lasciammo andare insieme e rimanemmo abbracciati ancora un po', mentre lentamente le vibrazioni di piacere che ci avevano scosso si attenuavano e venivano sostituite da una placida sensazione di benessere. Giocammo ancora un po' nell'acqua e quando uscimmo eravamo stanchi e felici, pronti per dedicarci ai preparativi per la cena.
Il cameriere ci fece accomodare in una saletta con un solo tavolo apparecchiato per due. L'atmosfera creata dalle candele prometteva un momento romantico che volevo gustarmi più ancora del cibo, leggero e raffinato. Il suono dell'arpa, che proveniva dalla sala adiacente, non disturbava le nostre voci.
<<Matteo mi sembra di vivere un sogno! Ma è proprio vero? Sta succedendo proprio a me?>>
<<Sì piccola, è speciale davvero. Ma tu soprattutto sei speciale, ti amo.>>
Ero commossa, con gli occhi già lucidi. Bevvi un sorso di vino per non piangere, ma non riuscivo a staccare gli occhi dai suoi e lo guardavo con in finita gratitudine per avermi regalato quell'assaggio di paradiso. Facemmo due passi in giardino, sotto un cielo stellato, bello da togliere il fiato, che si specchiava sulle acque del lago in lontananza. Quante promesse nei baci che furtivamente ci scambiammo! Ero così felice che non avvertivo nemmeno il fastidio dell'aria ancora pungente. Fu Matteo a riportarmi alla realtà
<<Amore sei congelata, saliamo in camera.>>
Lo seguii docile. Il camino acceso aveva diffuso nella stanza un piacevole tepore e una luce tenue e calda. Ci stringemmo ancora l'uno all'altra e l'alba ci sorprese ancora assonnati e stanchi dopo una notte d'amore. Risvegliarsi insieme mi aveva riempito di gioia e dentro di me pensavo che, al di là di tutte le difficoltà e i problemi, era proprio lui l'uomo che volevo accanto.
Ci alzammo di malavoglia e dopo esserci fatti la doccia e vestiti scendemmo per la colazione. Un altro momento intimo, dolcissimo, seguito dalla passeggiata sul lago dopo aver lasciato l'albergo.
Matteo era stranamente silenzioso, come assorto ed io avvertii subito quella sua distanza che mi fece preoccupare.
<<Amore, cosa c'è?>>
<<Niente Marta. Sono solo un po' stanco. Non è che abbiamo dormito tanto stanotte.>>
<<Sì, è vero, ma potrei passarne altre cento di notti così!>> gli risposi con entusiasmo.
<<Che mi vuoi morto???>> e sorrise, ma poi tacque di nuovo.
<<Ti ha dato fastidio qualcosa?>> La mia ansia stava crescendo. Mi guardò con aria interrogativa.
<<No, ma che dici?>> Eppure io sentivo che qualcosa non andava ed era qualcosa che mi creava grande oppressione.
<<Quando devi rientrare?>> Non so perché, ma ebbi la percezione che proprio quello fosse il problema.
<<Loro tornano alle diciotto, ma io rientro subito dopo pranzo.>>
Non ci ero preparata, mi era bastato un giorno per abituarmi ad averlo sempre vicino, per allontanare l'incubo dei minuti da contare, ma ora quell'incubo era di nuovo lì, e non era solo quello, c'era dell'altro.
<<Matteo sei pentito di tutto questo?>>
<<Non dire cose assurde! Certo che no!>>
<<Però?>>
<<Però cosa?>>
<<Che altro c'è? Mi sembra che non vedi l'ora di tornare a casa. Anche se parti alle sedici arrivi con largo anticipo>>
<<Non te ne passa una eh?>>
<<No, ci tengo troppo a te.>>
<<Marta io sono stato benissimo con te, lo sai, lo senti. Sei la donna che avrei voluto accanto ma sei capitata in un momento sbagliato.>>
<<Che vuol dire?>> Avevo paura di ciò che stava per dirmi ma preferivo che fosse chiaro.
<<Vuol dire che per quanto io ti ami poi la mia vita è da un'altra parte e quando penso a tutta questa situazione non mi sento una gran persona. Tu sei la donna che amo ma non riesco a darti più di qualche bel momento. Potevo sopportarlo finché c'era tuo marito, ma ora lo sopporto sempre meno. Penso che sei spesso sola, che sei sempre in attesa che io mi liberi o che ti telefoni e credo che tu meriti di più. E poi c'è lei. Lei che non sa, o forse, anzi di sicuro, sospetta. Lei che ha un pessimo carattere, egoista, irascibile, a volte isterica, ma che è comunque mia moglie, la madre di mio figlio e le voglio bene. Si merita tutto questo? E tu, soprattutto tu, meriti un uomo sempre in bilico? Tu hai scelto me, incondizionatamente, ma io non ho il coraggio di scegliere te e questo è maledettamente frustrante.>>
Mi sentii sprofondare ma raccolsi quel po' di forza che mi era rimasta per rispondergli, perché non volevo perderlo, non ora, non dopo le ore roventi di passione e sentimenti che avevamo appena trascorso insieme.
<<Matteo io non ti ho mai chiesto di fare scelte che non ti senti di fare. Anch'io voglio bene a mio marito, ma l'amore è un'altra cosa e io non ce l'ho fatta a vivere nell'ambiguità. Tu l'hai sempre pensata in un altro modo e io l'ho accettato. Certo, è frustrante, ma io non voglio perderti. Se tu mi dicessi che i tuoi sentimenti sono cambiati, che hai capito di amare lei e che non vuoi più tradirla allora scomparirei, ma così no. Noi ci amiamo. Conterà pure qualcosa? O dobbiamo sempre crocifiggerci per non dispiacere agli altri?>>
<<Certo che no, altrimenti non sarei qui, ma poi ho anche voglia di andare a casa, di ritrovare il mio mondo, la mia stabilità. Come fai a sopportarlo? Le cose andranno ancora avanti così per molto tempo, credo che tu lo abbia capito. Ti regalo un po' di tempo rubato a tutto il resto, ma nel mio progetto di vita c'è comunque un'altra donna accanto a me. Con lei decido se fare un acquisto, dove andare in vacanza, come passare le feste, come educare nostro figlio. Ti va bene? E' questo che vuoi?>>
<<Voglio te.>> dissi d'impulso, ma dentro mi sentivo lacerata. Era dunque questo il suo amore? Un diversivo per colmare dei vuoti? Ero annientata e non aveva più senso restare lì con lui che già era da un'altra parte.
<<Mi accompagni alla stazione per favore?>> gli dissi con sguardo implorante.
<<Perché? Abbiamo ancora tre ore.>>
<<Se rientri prima sei più tranquillo ed io non sopporto di sentirmi una zavorra.>>
<<Non fare la scema. Quello che ho detto è un'analisi razionale di quello che stiamo vivendo ma se sono qui qualcosa vorrà dire, no? Quello che provo credo di avertelo fatto sentire, quello non è in dubbio.>>
<<Sì Matteo, quello che provi l'ho sentito forte e chiaro, forse sei tu che non gli dai troppo ascolto, che non sai bene cos'è e che valore vuoi dargli. Adesso scusami, ma ho voglia di tornare nella mia casa vuota.>>
Non si oppose più e ripartimmo senza più dire una parola. Un saluto triste lungo il binario affollato concluse quella vacanza. Qual era il vero senso delle sue parole? E quali erano i suoi veri sentimenti? Dal paradiso ero precipitata all'inferno.
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