domenica 4 novembre 2012

....sola....(dal cap.XXVI)


La luce filtrava dalla serranda abbassata a indicare che un nuovo giorno era arrivato e di certo non prometteva bene. Non sapevo se rimanermene a poltrire sotto le coperte in attesa che Tommaso mi venisse a cercare per parlarmi o se alzarmi e preparare il caffè, proprio come ogni domenica mattina. Accesi il telefono e in sequenza arrivò una serie di sms di Matteo, di sicuro della sera prima. “Amore cosa è successo?”. “Fammi sapere, accenna almeno qualcosa.” “Sto in ansia. Perché non rispondi?”. “Ma domani ci vediamo lo stesso?”. Smisi di leggere, avevo altro a cui pensare. Il letto cominciò a sembrarmi scomodissimo, le coperte troppo pesanti perché io riuscissi ancora a sopportarle e quindi decisi di alzarmi. Era ancora presto ma vidi che Tommaso aveva già posizionato una valigia vicino alla porta: Probabilmente non aveva dormito e faceva sul serio. Lo raggiunsi nella nostra camera da letto e lo trovai intento a sistemare le sue cose dentro un'altra valigia. 
<<Tommaso aspetta. Parliamo un po'. Non voglio che vai via da questa casa. E poi dove andrai? Prenditi almeno un po' di tempo.>> Avevo un tono quasi supplichevole. Lui smise di piegare una delle sue t-shirt, alzò lo sguardo umido di pianto e riuscì a dirmi: <<Non sopporto la tua presenza, mi fa troppo male. Non so che farmene dei tuoi sensi di colpa. Per ora andrò da mia madre, proverò a spiegarle. E poi questo non ha molta importanza. Voglio andare lontano da te.>> 
<<Ti capisco e hai ragione ma non vogliamo parlarne ancora un po'?>> 
<<Ma di cosa vuoi parlare? Cosa pensi che ci sia ancora da dire? Vuoi raccontarmi di quanto è bello e bravo lui? Vuoi chiedermi scusa e di perdonarti? Che cazzo vuoi?>> e stava già alzando la voce. 
<<Magari troviamo un compromesso. Dammi un po' di tempo per capire. Sei sempre in tempo ad andartene quando vuoi.>> E mentre gli dicevo queste cose mi sentivo così vigliacca che mi facevo schifo. Era solo la paura di perderlo, il fatto di dover affrontare i nostri figli che mi induceva a tentare di trattenerlo. In realtà la mia mente mi portava anche a pensare a quanto sarebbe stato più facile vivere la mia storia con Matteo senza di lui. Fu come se mi leggesse dentro. 
<<Che c'è? Hai paura di rimanere sola? Pensa a quanto sarai felice oggi: potrai vedere il tuo amante senza dover inventare scuse. E anche nei giorni a venire.>> 
Risposi d'impulso: 
<< Se non vuoi non lo vedo oggi. Né oggi né i giorni a seguire. Rinuncio a lui. Proverò a soffocare i miei sentimenti.>> E qui si infuriò davvero: 
<<Marta stai zitta! Mi fai proprio schifo! Perché non la pianti di fare la vittima sacrificale? Hai fatto le tue scelte! Dovevi pensarci prima! Io dovrei importi di soffocare i tuoi sentimenti, di non vederlo più, darti il tempo per capire. Ma capire cosa? Io dovrei stare ancora con una donna che dopo trent'anni non ha ancora capito se mi ama e che glielo chiedo si”sacrifica” per me? Ma per chi mi hai preso? Mi hai già umiliato abbastanza! Io voglio una donna che mi ami sinceramente e di cui io possa fidarmi e tu non sei quella donna. Ma la troverò sai? Stai tranquilla che la troverò!>> 
Ero così frastornata che mi rendevo da sola di essere inopportuna in tutto quello che dicevo. Avevo immaginato che non sarebbe stato facile affrontare quel momento, ma,come spesso accade, la realtà superava la fantasia. 
<<E i nostri figli? Cosa diremo a loro?>> 
<<I nostri figli fanno la loro vita e non ci sono mai, per loro le cose non cambieranno molto. Sono così generoso che ti lascio carta bianca. Di' loro quello che ti pare, nei limiti della decenza. Incompatibilità? E che incompatibilità sia!>> e intanto chiuse la seconda valigia. Di fronte a me cercava di tenere la parte del duro, ma io sentivo nell'aria, addosso, tutto il suo dolore. A tratti lo sorprendevo mentre si soffermava a guardare un angolo, un oggetto, inseguendo chissà quali ricordi. Fece in fretta a svuotare la camera e lo studio e a caricare tutto in macchina. Quando ebbe finito mi consegnò le chiavi sulla porta aperta. 
<<Ora questa è casa tua. Tengo solo la chiave del garage. Mandami un sms quando non ci sei così vengo a svuotare anche quello. Non ti voglio più vedere. Spero che quanto prima tu capisca cosa significa essere amata davvero, al di là di quattro sms ad effetto. Tu hai scelto lui e mi hai annientato. Vediamo ora se lui sceglie te.>> E disse questa frase con una voce rauca, come rotta da un singhiozzo, poi si girò in fretta e salì in macchina, accese il motore e se ne andò.[...] 
Si era fatto quasi mezzogiorno e finalmente la suoneria del cellulare ruppe quel silenzio che cominciava già a opprimermi. Matteo. 
<<Ciao amore, cosa è successo?>> 
<<Tommaso se n'è andato di casa.>> 
<<Cosa???>> 
<<E' accaduto tutto così in fretta che ancora non me ne rendo conto.>> 
<<Ma perché così all'improvviso? Non eravate a cena fuori ieri sera?>> 
<<Sì, poi tu hai chiamato, lui ha cominciato a farmi domande e io gli ho detto la verità.>> 
<<Cosa hai fatto??? Dovevi negare! Come ho fatto io! Richiamalo, fallo tornare!>> Il suo tono tradiva una eccessiva preoccupazione che mi mise in allarme. 
<<Ma cosa stai dicendo? Non mi volevi tutta per te? Ora sono libera e sola. Tanto prima o poi doveva succedere, io non ce la facevo più a mentire.>> 
<<Marta sei stata avventata, potevamo parlarne prima, ti pare?>> 
<<Non l'ho deciso a tavolino, è capitato! Comunque ne parliamo oggi. A che ora ci vediamo?>> 
<<Oggi non so se posso. Lei ha invitato gente a cena e per le sei devo stare a casa. Poi tu mi sembri piuttosto provata, meglio che ti riposi e non viaggi.>> 
<<Matteo ti viene in mente che proprio perché sono provata ho bisogno di stare con te? Ieri sera eri tutto smanioso. Io voglio vederti!>> 
<<Ok, vedo quello che posso fare. Se riesco a liberarmi per le due e mezzo ti mando un sms e ci incontriamo dove sai, altrimenti provo a richiamarti nel pomeriggio. Ma tu non muoverti se non ti avviso che posso partire, intesi? Non fare di testa tua.>>
<<Sì, va bene, ma fai il possibile. Ho bisogno di te.>> era quasi una supplica. 
<<Va bene piccola, ma sappi che faccio sempre il possibile.>> E riattaccò. Non mi sentii per niente rassicurata da quella telefonata. Mi aspettavo che lui fosse contento, per noi intendo, e che non vedesse l'ora di vedermi, invece aveva subito trovato una scusa per evitare il nostro incontro. Forse aveva paura che io gli facessi pressione perché facesse anche lui la stessa cosa, il che sarebbe stato anche giusto, ma io in realtà avevo soltanto bisogno di sentire che c'era, che potevo contare su di lui in un momento difficile. Mi misi seduta sul divano, non avevo voglia di mangiare. La mente corse per un po' a Tommaso, a come si sarebbe sistemato, a cosa avrebbe detto ai suoi, al dolore che anche loro avrebbero provato e mi sentivo meschina per aver provocato tutto quel casino, ma almeno ora mi sentivo onesta e pulita, mi sembrava giusto averlo messo di fronte alla realtà e avergli dato la possibilità di scegliere liberamente cosa fare della sua vita. Anch'io ora ero libera di decidere cosa fare del mio tempo. Per il momento ero in attesa di un sms che non arrivava. Mi imposi di essere ottimista. Le 14.15: cominciai a prepararmi, cercai anche di canticchiare una canzone per ritrovare un po' d'allegria: tra poco più di un'ora sarei stata con il mio amore. Comincia a riacquistare vitalità mentre davo un'ultima pennellata di rossetto alle labbra e controllavo di aver messo tutto in borsa. Le 14.36: niente. Un leggero malessere ma ancora speravo. Mi misi seduta, accesi la TV. Le 14.48. mi tolsi le scarpe e cominciai a piangere. Non so quanto tempo passò ma alla fine il display si illuminò. “Scusa amore ma non ce l'ho fatta proprio e non posso nemmeno chiamare, lei vuole che le dia una mano. Uffa!” . Mi sentii così delusa che non riuscii nemmeno a rispondere. Prima domenica da sola e lui tutto preso da lei. Quante altre ne avrei dovute passare così? Meglio non darsi una risposta. Accesi la TV e lasciai scorrere tutti i programmi fino a che non si fece ora di andare a dormire.

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