Stava per tornare la primavera e il nostro amore era cresciuto e maturato. Avevamo trovato il modo di vederci anche la vigilia di Natale e anche quella di Capodanno, con il rammarico di non poter passare insieme le feste e di doverci scambiare furtivamente i regali. Erano stati momenti dolcissimi in cui la felicità si univa ad una profonda malinconia che ci aveva fatto brillare gli occhi di gioia e di lacrime.
Era aumentata l'esigenza di passare più tempo insieme, ma questo rendeva tutto più difficile. Significava rendersi sempre meno credibili in casa e, quanto meno, indurre dei sospetti che avrebbero potuto renderci impossibile godere anche di quel poco che ci concedevamo. Ma l'amore rende incoscienti e questo ci portò, finalmente, a programmare la tanto attesa giornata solo per noi, lontani da tutto e da tutti. Un giorno al lago. Romantico, intenso. Non mi ricordo nemmeno che scusa inventammo perché ormai era talmente consueto mentire che ogni bugia era lecita, anche la più improbabile.
Ci trovammo di mattina in una località a metà strada. Belle le nostre espressioni felici per quel regalo che avevamo deciso di farci. Lungo la strada la sua mano sulla mia gamba mi dava un senso di appartenenza e di sicurezza. Ci raccontavamo le lunghe giornate trascorse lontani, i nervosismi di lei, le lamentele di lui e l'assurdità di dover sopportare una vita che avremmo voluto diversa. E più parlavamo più le nostre affinità diventavano evidenti. Numerosi e perfetti erano i nostri incastri, peccato solo essersi incontrati nel momento sbagliato: vite già strutturate, mondi diversi, attività lavorative già definite, la lontananza e, soprattutto, figli da seguire e da accompagnare incontro al futuro, da non deludere, più autonomi perché più grandi i miei, più bisognoso di attenzioni e cure, perché più piccolo, il suo. Era quando finivamo a parlare dei nostri figli che affrontavamo con più concretezza la natura del nostro rapporto. Ed era allora che le limitazioni di ogni giorno, che ci imponevamo per tutelare chi amavamo di più al mondo, assumevano con maggiore nettezza i contorni della frustrazione.
<<Non i sarà mai un futuro per noi?>> gli chiedevo con apprensione nella speranza che lui mi regalasse almeno una parvenza di sicurezza.
<<Marta, so di sicuro che sei la donna che vorrei accanto, non ho mai incontrato una come te, ma ora non è possibile, non fino a quando mio figlio non sarà almeno un po' cresciuto. In più separarmi sarebbe per me un tracollo economico. Insomma, troppi problemi e troppo difficili da affrontare.>>
Rimanevo in silenzio e mi attaccavo a quell' “ora” che mi dava l'illusione che il tempo ci avrebbe inevitabilmente portato vicini, perché ci amavamo, perché lo volevamo, perché l'amore è più forte di tutto.
Passeggiammo lungo il lago appena mosso dalla brezza e ci avviammo verso il centro del piccolo paese, adagiato sulle pendici di una collina che degradava verso le spiaggette ancora semideserte.
C'era un camminamento sulle antiche mura medievali che percorremmo mano nella mano, fermandoci ad ogni rientranza per scambiarci un bacio e abbracciarci, mentre l'eco delle nostre risate rimbalzava tra i sassi di quella vecchia costruzione. Percorrendo suggestivi vicoli scendemmo di nuovo verso il lago e decidemmo di pranzare in una tipica trattoria di pescatori. I tavoli erano apparecchiati con allegre tovaglie a quadri rossi. Il proprietario, un signore anziano e compitissimo, ci fece accomodare e, una volta seduti uno di fronte all'altro, Matteo mi prese le mani nelle sue. Ci fissammo con grande intensità. Il cameriere si era allontanato per prendere i menù. Non so cosa stese pensando lui e nemmeno glielo chiesi, per non rovinare con le parole quell'attimo magico. Io, da parte mia, fui attraversata dal desiderio di non tornare a casa quella sera, per restare con lui, perché mi sentivo sua e lo sentivo mio, perché attraverso il calore delle sue mani e l'intensità dei suoi occhi mi arrivavano le sue vibrazioni ed era come se il mio pensiero fosse anche il suo.
Scegliemmo u piatto unico, da mangiare in fretta, perché quell'intimità che si era creata ci faceva desiderare di essere soli. Dopo aver mangiato raggiungemmo un piccolo molo deserto: lo sciacquio delle acque e il vociare dei gabbiani cullavano i nostri pensieri e avevano lo stesso suono dei nostri sospiri di innamorati, stretti l'uno all'altra a riempirci di baci che toglievano il respiro mentre il vento giocava con i nostri capelli.
<<Marta ti voglio, ti voglio troppo.>>
<<Scappiamo.>>
<<Sì, scappiamo.>>
Ridevamo mentre a passo veloce raggiungemmo la su auto. Percorremmo pochi chilometri per allontanarci dal centro abitato e ci fermammo lungo una stradina che si inoltrava in un bosco. Appena fermi il desiderio prese il sopravvento. Ora le sue mani mi percorrevano tutta e a tratti si incrociavano con le mie che già cercavano i bottoni della sua camicia. Era potente l'impeto che ci travolse lì, sul sedile abbassato, incuranti del rischio di essere sorpresi da qualche passante, avidi di piacere da condividere in un attimo perfetto d'amore e di passione. Quando cadde sopra di me stanco ma baciandomi ancora, sentii un nodo alla gola sciogliersi in un pianto che non riuscii a trattenere.
<<Marta, amore, che c'è?>> era spaesato e incredulo.
<<Matteo, sono così felice! Commozione, semplicemente commozione per un'emozione troppo forte!>>
<<Marta che piange mentre fa l'amore...Sei incredibile! Per un attimo ho avuto paura di aver sbagliato qualcosa.>>
<<No, non hai sbagliato niente. Ti amo.>>
<<Ti amo anch'io.>> e anche i suoi occhi si erano fatti lucidi
Un momento perfetto, interrotto dalla suoneria del telefono.
<<E' mia moglie, scusa ma devo rispondere.>>
Il suo tono era freddo mentre la rassicurava che sarebbe rientrato in tempo per accompagnarla non so dove.
<<Matteo tra noi non c'è niente di sbagliato>> dissi riprendendo il discorso di prima <<è la situazione che è sbagliata. E' stato bello e perfetto ma da questo momento in poi dobbiamo cominciare a contare il tempo. Quanto ti rimane? Un'ora? Un po' di più?>>
<<Sì, tra circa un'ora devo rientrare, massimo un'ora e un quarto.>>
<<E se a me non bastasse per riuscire a darti quello che ancora sento di darti? Se ci venisse ancora voglia di fare l'amore?>>
<<Amore devi rientrare anche tu, lo sai. E' vero che il tempo è volato, ma oggi ne abbiamo passato tanto insieme.>>
<<Non mi basta, non mi basta mai. E non è giusto. Pensa se per ironia della sorte proprio stasera tua moglie o mio marito avessero voglia di sesso?>>
<<Non dirlo nemmeno! Non sopporto neanche l'idea! Promettimi che non lo farai. Tu sei mia!>>
<<Sì, certo. Te lo prometto, ma comunque sai che nel giro di pochi giorni succederà, come io so che succederà a te e come non lo sopporti tu non lo sopporto nemmeno io.>>
Ci sorprese un silenzio turbato, ma nel giro di pochi minuti mi uscì d'impeto un pensiero che espressi ad alta voce:
<<Io dico tutto a mio marito.>>
<<Ma che sei impazzita?>>
<<No, è la sola cosa giusta da fare, la più onesta, per tutti.>>
<<Non fare casino. Se lo fai tu poi devo farlo anch'io e non posso farlo.>>
<<E perché?>>
<<I motivi li sai. Cerca di avere pazienza un altro po'. Le cose possono cambiare senza forzare le tappe. Però, patatina folle, tu sei solo mia, tienilo a distanza, non voglio nemmeno che ti sfiori.>>
<<Lo stesso vale per te.>>
<<Promesso.>> Un sorriso di ritorno alla quiete, un abbraccio stretto stretto per ingoiare quel grosso rospo e ripartimmo. Promesse di innamorati, belle da fare ma, nel nostro caso, assai difficili da mantenere.
<<Purtroppo siamo sposati. Dovevamo incontrarci prima.>>
<<Ma ci siamo incontrati ora. Prima o poi questo problema dovremo affrontarlo.>>
<<Lo affronteremo. Ora non è il momento. Zitta, amore noioso!>>
E cercammo di archiviare quel momento di tensione col progetto di altre giornate come quella che si stava per concludere. Nessun ombra era scesa tra di noi, era tornata la voglia di scherzare e per tutto il viaggio di ritorno le nostre voci ci accompagnarono spensierate. Fu triste salutarsi con la fermata d'obbligo sulla rampa prima di prendere direzioni opposte. Il suo sms non si fece attendere a lungo: “E' sempre più difficile lasciarti andare via. L'unico motivo per cui torno a casa stasera è mio figlio, tutto il resto lo cancellerei. Ti amo.>> E a seguire la sua chiamata per prolungare quella giornata il più possibile, per tenerci compagnia, per raccontarci ancora un po' di noi. Non tornammo sull'argomento di prima, anche se dentro di me avvetivo un senso di sconfitta che era sempre più presente: lei che chiamava e lui che obbediva. Mi sentivo invasa, era come se lei sapesse e non perdesse occasione per dire: “Un po' vi lascio giocare ma poi si deve tornare all'ordine, ognuno al suo posto.” E il mio posto era da un'altra parte, in un'altra storia, ero solo un angolo felice e ben delimitato nell'esistenza di Matteo. Non lo accettavo, o meglio, lo accettavo sempre meno e sempre più forte dentro di me era la convinzione che noi due dovevamo stare insieme perché ci amavamo. Il dubbio che però mi tormentava era: anche lui aveva la stessa convinzione?
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