Mi alzai la mattina che ero ancora più tesa della sera prima. Immaginavo che quello sarebbe stato un momento risolutivo: i sospetti di Tommaso e le certezze di lei ci avrebbero messo di fronte ad una scelta e questo, se da una parte generava angoscia, dall'altra mi costringeva a farmi domande precise che pretendevano risposte immediate. Amavo Matteo abbastanza da buttare all'aria il mio matrimonio e da sopportare le conseguenze del caso? E, soprattutto, lui amava abbastanza me da dire a sua moglie che non intendeva rinunciare alla nostra relazione a costo di separarsi? Ogni mattina aspettavo con trepidazione la sua chiamata, ma quella mattina stavo proprio sui carboni ardenti. Uscii di casa con un ceto anticipo rispetto al solito per avere un po' più di tempo a disposizione e farmi spiegare bene e non lasciai il telefono nemmeno per guidare. Appena imboccata la statale il primo squillo mi trovò già pronta a rispondere.
<<Amore, cosa è successo???>> e la mia voce tradiva tutta l'agitazione che avevo accumulato in quelle ore.
<<Esattamente quello che ti ho detto ieri sera.>>
<<E dopo?>>
<<Dopo mi ha fatto una scenata, puoi immaginare. Si è messa a urlare e a piangere dicendo che mi sbatteva fuori di casa.>>
<<E tu?>>
<<Io ho cercato di sminuire, ho detto che si trattava di un'amica, che tra amici capita spesso di dirsi amore, tesoro e anche di peggio, ma non l'ha bevuta, anzi, si è incazzata ancora di più perché si è sentita presa in giro. Stamattina non ci siamo parlati, ma la conosco, era più invelenita di ieri sera.>>
<<E ora?>> Mi sembrava di essere idiota con quelle domande stereotipate che rivelavano solo la mia ansia di sapere cosa sarebbe stato di noi.
<<E ora...Ora devo cercare di rattoppare questo casino, non posso permettermi una separazione. Devo stare buono per un po' e cercare di ammansirla. Per noi la vedo dura...>>
Era dispiaciuto ma mi sembrava che avesse le idee chiare: prima di me veniva lei. Che fosse per opportunismo e vigliaccheria poco contava: non se la sentiva di anteporre l'amore alle difficoltà che avrebbe dovuto affrontare. E allora che amore era? In cosa avevamo creduto per più di un anno? La delusione fu forte e bruciante, ma cercai di tenere a freno il fiume violento di parole che avrei voluto vomitargli addosso.
<<Pensi che sia il caso di non vederci più?>> lo provocai.
<<Sì Marta, credo sia meglio per tutti. Però non voglio che finisca al telefono. Prendiamoci una giornata la prossima settimana. Andiamo a Roma, ci facciamo una gita come due vecchi amici e poi ci salutiamo.>>
<<Ok, la prossima settimana a Roma. Tutta la giornata. Ciao.>> E riattaccai. Avevo ripetuto le sue parole con lo stesso tono dei una segreteria telefonica. Ero incredula, disorientata. Ma era proprio l'uomo che amavo quello che mi aveva appena proposto di salutarci in grande stile nella capitale da buoni amici? Mi sentii un accessorio di cui si può fare tranquillamente a meno e quella sensazione mi accompagnò per tutta la giornata nonostante lui si comportasse esattamente come sempre, con le sue chiamate a tutte le ore e sms per dirmi che gli mancavo e che non vedeva l'ora di sta un po' con me. Le mie risposte erano un po' più fredde, ma mi sentivo offesa nei miei sentimenti e dubitavo della sincerità dei suoi. Se mi amava così tanto come diceva, come poteva penare di fare a meno di me? Presi tempo, non volevo trarre conclusioni affrettate, in fondo come mi sarei comportata io se la stessa cosa fosse successa a me? Io ero davvero pronta a mettere lui al primo posto? Mi sforzai di capire, non sono situazioni facili da affrontare. La prima reazione non è meditata, è dettata dall'istinto e dalla paura, magari ci avrebbe ripensato. Nei giorni successivi però continuammo a parlare della nostra gita a Roma come dell'ultimo incontro, scherzandoci anche un po' su per sdrammatizzare.
Ci vedemmo di mercoledì: era il giorno che Tommaso aveva più impegni. Matteo mi venne a prendere alla Stazione Termini e la sua accoglienza fu come sempre calorosa: mi cinse in un forte abbraccio e mi baciò in mezzo al via vai di persone in arrivo e in partenza. Per mano ci avviammo alla fermata della metropolitana per raggiungere il centro. Piazza Navona, Trinità dei Monti, la fontana di Trevi. Tutto mi sembrava ancora più bello di come lo ricordavo. E lui che mi teneva sempre stretta a sé, quasi avesse paura di perdermi. Di tanto in tento mi spingeva in un vicolo per darmi un bacio e poi ci ributtavamo in mezzo alla gente ubriachi di allegria. Nessuno dei due fece cenno a quanto era successo e a come sarebbe stato perdersi di lì a poche ore. Era quasi come se volessimo prosciugare fino in fondo quegli attimi preziosi senza inquinarli di tristezza. Gli ultimi. Così era deciso.
<<Ti porto al Gianicolo. E' molto romantico lassù al tramonto.>>
E via di corsa a recuperare la sua macchina per scappare da un'altra parte.
Era effettivamente suggestivo guardare la città che si stendeva al di là di quel muretto illuminata dalla luce dorata del sole già basso all'orizzonte.
Matteo era dietro di me e non smetteva di baciarmi i capelli, poi me li scostò dal collo e sentii le sue labbra sulla pelle mentre un brivido mi scuoteva. Si avvicinò poi all'orecchio e piano, con la sua voce calda, mi sussurrò:
<<Marta ti voglio. Non sai quanto.>>
<<E vuoi farlo qui?>> gli dissi mentre sentivo contro la schiena la sua erezione che mi rendeva spudorata. <<Sarebbe bello, ma anche se ora non c'è nessuno qui passa sempre gente.>> Incoraggiata proprio dal fatto che in quel momento eravamo soli lasciai velocemente scendere le mie brasiliane per terra dopo averle velocemente fatte scendere con le mani da sotto il vestito. Le raccolsi da terra dopo averle sfilate dai piedi e gliele consegnai.
<<Io sono pronta>> e gli inviai un sorriso malizioso. Lo vidi impallidire.
<<Tu sei proprio matta. Davvero vuoi farlo qui?>>
<<Decidi tu.>> e gli strizzai l'occhio.
Gli mancò il coraggio ma mi prese per mano e mi accompagnò alla sua macchina. Aveva la mia biancheria ancora in mano. Mentre guidava accarezzava la mia coscia e sentivo di tanto in tanto le sue dita sfiorare la mia intimità. Ero così eccitata che non riuscii ad aspettare che si fermasse. Gli slacciai i pantaloni e cominciai a dargli qualche bacio, ad accarezzarlo. La temperatura era salita a dismisura. Ci fermammo su una piazzola del raccordo che era già buio e, incuranti di ogni cosa, facemmo l'amore con impeto. Pochi minuti e tutto era già consumato. Mi accompagnò alla stazione di un paese vicino. Il treno era già sul binario. Un bacio appassionato e lungo prima di salire.
<<E' l'ultimo?>> gli chiesi col cuore sulle labbra. Ma il capotreno passò a chiudere le porte e non gli dette il tempo di rispondere. Mi misi seduta che già ci stavamo muovendo. Lo guardai dal finestrino mentre mi salutava con il sorriso di sempre e l'idea che forse non l'avrei più visto mi fece piegare in due e scoppiare in lacrime. Ero sola nello scompartimento e potei abbandonarmi senza ritegno a quel dolore insopportabile. Cominciai a pensare che in fondo aveva ragione lui. Per più di un anno eravamo stati travolti da quel sentimento inaspettato ma non eravamo riusciti a condividere altro che una passione prepotente. Lui aveva la sua vita che non voleva intaccare e nemmeno io volevo stravolgere la mia. Ci eravamo presi una vacanza, bellissima, ma forse era proprio quello il momento di scrivere l parola fine, dopo una giornata stupenda e piena di tutto quello che avevamo, meglio evitare di farci sorprendere, prima o poi, dalla noia e dall'abitudine e rovinare quell'angolo di paradiso che avevamo conosciuto insieme.
Riuscii a calmarmi inseguendo questi pensieri che furono interrotti dalla suoneria invadente del telefono. Pensavo che fosse Tommaso che si informava sull'ora del mio rientro quindi respirai a fondo prima di rispondere con una naturalezza con non suscitasse sospetti.
<<Marta, tesoro, non ho nemmeno fatto in tempo a risponderti.>> la voce di Matteo mi fece sussultare.
<<Non fa niente, la risposta credo sia chiara ad entrambi, meglio non averla sottolineata con le parole. Nemmeno pensavo fossi tu...>>
<<Eppure mi conosci. Non ce la faccio Marta. Mi sei entrata dentro, strapparti vi sarebbe come strappare via una parte di me. Lo so che sarebbe giusto, forse la cosa più giusta da fare. So anche che per certi aspetti starei anche meglio: niente più bugie, niente sensi di colpa, niente ansia di scappare via all'insaputa di tutti.>>
<<Sì, lo so, è così anche per me. Non è una storia facile.>>
<<No, non lo è mai stata e lo è sempre meno, ma piuttosto che perderti preferisco stare male. Io voglio vederti ancora, baciarti, fare l'amore con te.>>
<<E come pensi di fare?>>
<<In qualche modo farò. Starò più attento, per un po' ci vedremo cercando di non fare troppo tardi, prenderò un altro telefono solo per noi, qualunque cosa, ma non posso pensare di stare senza te, questo mai.>>
Sentii esplodere una gran felicità dentro.
<<Ti amo.>> furono le sole parole che riuscii a dire.
<<Ti amo anch'io.>> fu la sua risposta e non gli chiesi come si sentiva lui, ma io mi sentivo come rinata, quella sicurezza che mi aveva appena dato mi aveva reso allegra, euforica, mi aveva ridato gioia di vivere. Ci salutammo allegramente come se niente fosse successo. Il giorno dopo sarebbe ricominciato tutto da capo.
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